Fotografo solo Tette e Culi” – Titolo: prima “Riflessione pubblica sulla Fotografia” di Francesco Francia

Sulla Fotografia in generale, o meglio sull’ “Operator”….. e una prefazione su questa mia “Prima ufficiale.

 

 

 

“Non scriverò mai un libro ma avrei nell’eventualità già il titolo, la copertina e il retro della copertina.”

 

 
Prima o poi riuscirò a distogliere  il mio amico scrittore Alessandro Manni dai suoi mille impegni e a dedicarsi con me a buttare giù se non altro , un discorso che abbia un filo conduttore concreto,  e ad  organizzare bene il mio punto di vista sulla “F”otografia… anche perché credo di non essere bravo a scrivere..sono un provocatore e scrivo di getto. Sinceramente non mi curo molto né di conseguenze né di critiche “non costruttive” su quello che dico, pubblico  e scrivo. Vivo così, parlo così, mi esprimo così.. ma soprattutto anche se capisco perfettamente che è un limite: mi piaccio così.

 

Difatti le persone o mi apprezzano profondamente  o gli  arrivo sui nervi altrettanto in profondità, senza mezze misure ne “sfumature di grigio” (fatemi citare questa frase di un libro che detesto dato che è a mio giudizio la più grossa bestialità  scritta da una persona vuota, ma così perfettamente  funzionante a livello di marketing che è sintomatica ed evocativa di  molte riflessioni da trattare separatamente in un post dedicato )
—————————–PREFAZIONE  noiosa SU DI ME ———————————————
che potete non  sorbettarvi saltando direttamente alla riga “fine della prefazione su di me ” di cui sotto , ma che devo scrivere oggi perché non so se  avrò più l’ispirazione e la voglia per farlo:
Ho conosciuto  maestri, amici, il mio mentore,  docenti, colleghi ed attualmente mie allievi ma ad oggi posso dire che 3.. anzi no 4 e solo QUATTRO, sono le persone che attualmente hanno influenzato la mia vita  da  “Fotografo” (operator appunto).
1) Annamaria Lucchetti (mi madre) che è la prima che stavo per omettere in questo sfogo scritto (ero partito dicendo 3), perché non è stato un incontro improvviso che ha creato una svolta, ma sicuramente va citata perché è sicuramente la più importante: quella che ha sempre creduto in me, ed ha reso possibile che questa passione diventasse un lavoro (fra le tante …. mi ha messo a disposizione una cucina intera di due che ne ha, per fare di questa la mia camera oscura ben 12 anni fa… dove mi stordivo di esalazioni di acido acetico fino alle 5 della mattina spesso per sviluppare solo pochissime stampe).  La stessa che mi diede in mano da adolescente  insieme a mio padre la prima fotocamera automatica a rullino, che a conti fatti le fece poi spendere  più soldi in  stampe che di abbonamenti di treno per mandarmi  alle superiori.
2) Annamaria  Massarelli (la mia ex suocera), che mi regalò a 21 anni (mi sono sposato giovane e separato altrettanto giovane ma in ottimi rapporti anche se non frega niente a nessuno questo dettaglio, ci tengo) la mia prima reflex: una Minolta totalmente manuale che trovò abbandonata alla stazione Termini… e che il proprietario non si faccia vivo ora che è un cimelio, perché tanto è “scattato” (‘assonanza casuale ma carina direi) l’usucapione! (ho una laurea in economia purtroppo per lui…)
3) Francia Gianpaolo (mio padre), fotoamatore evoluto a fotografo semi-professionista (lavorava in banca ma faceva servizi fotografici invidiati dagli storici fotografi del tempo nei paraggi) e che non mi volle mai insegnare un cacchio di fotografia. Un giorno a tavola da mia nonna, mi rispose così alla domanda su come funzionavano tempi e diaframmi mentre armeggiavo appunto con la Minolta regalatami dalla mia ex suocera: lascia perdere tanto è troppo complicato, non è roba per te”.
Forse è la persona che devo ringraziare di più in assoluto. La mia soddisfazione più grande fu quando gli presentai la mia prima copertina di “FOTOGRAFARE”, rivista storica con cui lui ha interagito soltanto sfogliandola per anni mentre era in bagno (il momento catartico per eccellenza).
Lo devo anche ringraziare per essersi fatto “fregare” tutta l’attrezzatura professionale, per il supporto logistico e tutto il resto, quando ha messo da parte il suo orgoglio da fotografo (che tutti noi, pipe o maestri di fotografia che siamo,  ci portiamo dentro…. ammettiamolo!)  ha capito che era ora di dire “largo ai giovani”.
4) John Hedgecoe che era depositato sullo scaffale della libreria di casa dei miei, nel momento giusto il giorno giusto in cui dici passivamente fra te e te.. “ma si leggiamolo, perché no!”
5) (si lo so erano 4 ma neanche John Hedgecoe era previsto), Paola Tinarelli, amica recentemente acquisita e conosciuta sempre tramite la fotografia, che ha deciso di allestire con le mie foto  la vetrina del negozio che ha in gestione e che ha la pazienza di ascoltare a volte i miei deliri sulla Fotografia e di guardare le fotografie che non pubblico e che sono diametralmente opposte a quello che normalmente esibisco  a livello “commerciale” (che molti che adoro e ringrazio (sinceramente) per le colorite espressioni,  riassumono in solo tettte e culi” ).
La cito perché è stata involontariamente colei che (poi leggendo se ce la fate, capirete il motivo) ha ispirato questo “pappone” di scritto, che era partito come un semplice post su fb ma che poi è diventato un bel crostino anche per me… (come direbbe la mia ultima “EX” prendendomi per i fondelli quando la facevo troppo lunga in prefazione ai miei Workshop:” per la serie SARO’ BREVE..”
——————————– fine della prefazione su di me  ————————————

 

 
Tornando a noi

 

 
 
Tornando al discorso dell’attesa del mio amico scrittore Alessandro Manni che si decida ad aiutarmi…
Nel frattempo scrivo a sprazzi e di getto come in questo caso, piccole pillole riassuntive su ciò che mi “va di dire”… Normalmente mi astengo perché penso che la fotografia vada espressa con le immagini, ma poi mi rendo conto che “l’operator” e lo “spectator” (cito Roland Barthes senza voler fare il figo, ma stiamo parlando di Fotografia no? ) sono due mondi diversi… o meglio punti diametralmente opposti di osservazione, che vivono anche in me, perché anche io sono operator e spectator allo stesso tempo, dato che osservo in modo attento  il lavoro di alcuni autori.
Di recente tanto per completare la citazione Barthesiana*, ho voluto  sentirmi anche un po’ “spectrum” … per la serie bisogna provarle tutte!
Grazie al cielo l’ho sperimentato con un maestro di fotografia che si chiama Marco Maria d’Ottavi e che cito e ringrazio per avermi regalato l’unica foto di me che reputo esteticamente decente nonostante fossi molto più grassottello a quel tempo.
Se noi fotografi (e includo tutti, dal maestro all’amatore senza distinzione alcuna, purché la vivano con passione vera) pensiamo di esprimere qualcosa di nostro, ovvero far “capire” la nostra emozione in quel momento o cosa vediamo noi in un nostro scatto, abbiamo già fallito in partenza.
Il filtro che passa attraverso l’interpretazione è talmente legato alla soggettività e alle esperienze personali che è praticamente impossibile fare quanto detto sopra.
Gia lo sapevo da anni  ma me ne sono accorto parlando con Paola* (vedi punto 5 della palesa prefazione) che mi ha onorato “ornando/o imbruttendo” (sono punti di vista)  una parete della  sala di casa sua con una mia foto.
Mi descriveva  sere fa cosa vedeva lei in quella composizione corporea cruda, e mi sono reso conto concretamente di che abisso c’è tra cosa io avevo “messo” in quello scatto, e ciò che è filtrato attraverso i suoi occhi ed ha  colpito (punctum appunto, tanto per chiudere le 4 parole magiche di Roland) il suo subconscio.
la foto “di Paoletta”
Considerando che è un’appassionata di fotografia e anche lei un “operator”, questo concetto è veramente la cosa più interessante da cui vorrei partire concretamente iniziare a “parlare” di fotografia, o meglio.. del mio punto di vista sulla fotografia.
Sugli aspetti tecnici potrei veramente parlare molto, tanto l’ho studiata, approfondita e praticata ( senza peccare né di presunzione né di falsa modestia  dato che odio entrambe, penso di essere migliore come divulgatore,  che come fotografo, data la forte propensione alla “condivisione” ), ma  poi quando si va a fondo del suo significato e su come noi interagiamo attraverso di essa, chiunque di noi, dall’amatore al matrimonialista, al fotografo di moda, al talento creativo per eccellenza, trova una sorta di fermo concettuale che ha come risposta spesso “io parlo attraverso le immagini, perché il mio compito è questo”… e trovo sia la più grossa bugia che diciamo a noi stessi perché non riusciamo veramente ad analizzare a fondo noi ed il subconscio che ha “indotto” in qualche modo la scelta di quel preciso scatto.
Leggo molte Bio di colleghi che fanno moda, fine art, glamour e  che dicono tipo “io fotografo la bellezza perché io ricerco la bellezza….” oppure “non fotografo il bello ma cerco di rendere bello quello che fotografo perché in ogni soggetto io cerco la femminilità”… ecc ecc ecc !
Insomma concetti molto alti, spesso costruiti e finti nei casi più malsani…
Ma spesso, in molti nostri scatti non è così.. non cerchiamo e vogliamo.. a volte abbiamo  semplicemente visioni.
Visioni scattate di getto o altre che danno vita a progetti poi costruiti  in dettaglio, ma che partono sempre dall’ elaborazione di  queste “immagini latenti” dettate dal nostro subconscio a cui cerchiamo di dare una risposta ma non la troviamo, perché la razionalità, se non in rari casi di profonda conoscenza di noi stessi e spesso frutto di esperienza ed autoanalisi,  non riesce a dartela.
Quindi cerchiamo un’assonanza concettuale per descrivere il nostro operato, abbastanza musicale e che sposi bene ed in modo ermetico a volte, ciò che vogliamo far trapelare agli altri sul nostro concept e  che argina in una bella “legge quadro”, “chiara e nitida” la nostra Fotografia. Io credo che sia la più grossa maschera che un fotografo possa indossare. Una sorta di benevola ipocrisia comunemente accettata e che fa molto “corporate”.
Io credo che uno sforzo in più possiamo farlo noi “operator”.. perché il nostro linguaggio è la fotografia ma abbiamo anche la possibilità di andare a fondo… Nessuno (almeno non io di certo) ha la presunzione  di analizzarla a livelli così alti come ha fatto Barthes… ma di analizzarla in noi e di farla un po’ capire forse si. La renderebbe davvero più popolare ed interessante (parlo della fotografia con la F naturalmente) di come oggi è diventata… o meglio di come ormai il grande pubblico bombardato da milioni di immagini la percepisce.
 Smetto di annoiarvi,  ( a leggere tutto sarete in pochi e non mi sento perciò così in colpa con il prossimo), ed inizio a lavorare su cose molto più concrete e fruibili come “selezione post produzione”.
Buona domenica.

Francesco

PS: Ringrazio altre persone che direttamente o molto indirettamente hanno influenzato la scelta di scrivere questo blog :
Gabriele Agostini (mio maestro), Gabriele Rigon, Giovanni Cozzi, Settimio Benedusi, Oliviero Toscani.

Allegati: la foto di mia nonna Lucia, la modella più “bella” che ho fotografato (anno 2004).